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Eccellenza

Il Campionato visto dagli allenatori: Toccoli

Protagonista dell’undicesima puntata della nostra rubrica dedicata al Campionato d’Eccellenza è Maurizio Toccoli, mister della Virtus Don Bosco, che ha cominciato il girone di ritorno con un risultato inatteso quanto gradito. Grazie alla vittoria per 2 reti a 1 contro la vicecapolista Merano, si è scollata dall’ultimo posto in classifica con il quale aveva concluso il girone d’andata. Un successo, quello contro il Merano, che riempie di gioia anche i cugini del Bolzano, che si ritrovano così al comando con sei punti di vantaggio.

Mister Toccoli, un bel rientro, non c’è che dire...
«Questi tre punti sono stati fondamentali per il nostro cammino verso la salvezza. Siamo saliti al penultimo posto e per noi la vittoria significa molto, soprattutto dal punto di vista psicologico. Lo scopo, adesso, è quello di raggiungere il trenino di squadre che si trovano cinque o sei punti sopra di noi, in modo da garantirci la salvezza. Fondamentale è stata la pausa invernale. Non conoscevo bene la squadra, perché sono arrivato da poco. Abbiamo cercato di impostare un lavoro nuovo e vedo che ha già dato buoni frutti. Siamo convinti che la situazione sia difficile, ma vogliamo giocarci in tutto e per tutto le nostre carte per la salvezza. Questi tre punti d’oro ci spronano a continuare e ci fanno capire che abbiamo imboccato la strada giusta. La mia è una squadra giovane con degli inevitabili limiti, ma anche con potenzialità non sempre espresse appieno. Se riusciremo a dare continuità al lavoro credo che potremmo far bene».

Chi vincerà il campionato secondo lei?
«Credo che il Bolzano sia destinato a salire in D. Al momento è l’unica squadra che abbia la volontà di centrare questa promozione e che abbia anche le capacità organizzative. Non posso negare che anche il Merano sta facendo un ottimo campionato, ma la squadra di Manfioletti mi sembra di gran lunga superiore».

Come giudica il campionato di quest’anno?
«Io ho l’impressione che le squadre non facciano il campionato per vincere, ma puntino soprattutto a salvarsi. L’impegno che comporta la serie D, oltre che essere una categoria che richiede un alto livello di gioco, è soprattutto di tipo economico: servono molti soldi per le trasferte, per l’acquisto di giocatori che sono da considerasi quasi professionisti, per uno staff di allenatori preparati. Senza parlare del numero di allenamenti, che diventano quattro o cinque a settimana. Se si pensa che in Eccellenza se ne fanno in media tre, il divario tra le due categorie è enorme».

Dopo un campionato di serie D, infatti, quasi tutte le neopromosse trentine escono esauste (Arco, Vallagarina, Albiano). Parrebbe quindi di capire, come anche lei ci ha spiegato, che sarebbe meglio evitare di vincere l’Eccellenza...
«Non posso dare un giudizio su questo, perché non conosco personalmente queste squadre e sono arrivato a campionato iniziato.
Faccio piuttosto un discorso generale. Per la serie D, come ho già detto, serve una buona organizzazione ed un buon piano di lavoro. Se queste cose vengono a mancare, il campionato rischia di essere una vera faticaccia e la fortuna e l’improvvisazione servono a ben poco. Anche se nel calcio non ci sono formule perfette per vincere il campionato, è innegabile che gli elementi sopra citati siano indispensabili. Le squadre che lei ha citato forse hanno peccato in questo, ma, ripeto, non è mio compito quello di dare giudizi».

Secondo lei, quest’anno, le squadre trentine fanno così tanta fatica in campionato?
«C’è da dire che il questo campionato le squadre altoatesine si stanno comportando molto bene e soprattutto negli ultimi tempi hanno cambiato le loro impostazione e i loro programmi. Io parlo per esperienza perché alleno da dieci anni in quasi tutte le categorie. Sono stato a Termeno per lungo tempo assieme a Hugo Pomella, poi un anno al Südtirol, quindi al Vallagarina, tre al Nalles e un paio a Caldaro. E per quattro anni sono stato anche il selezionatore per l'Alto Adige delle squadre nazionali juniores. In poche parole, ho notato che le squadre altoatesine, per anni legate alla propria “tradizione”, hanno finalmente deciso di aprirsi a nuove idee, coinvolgendo anche i giocatori da fuori provincia. Spezzo una lancia a favore degli allenatori di lingua tedesca, che hanno saputo fare un buon lavoro negli ultimi anni e hanno dimostrato di saper pareggiare i conti con i colleghi trentini, facendo nascere giovani talenti, aggiornandosi di continuo, aumentando in un certo senso le loro qualità e caratteristiche. A ciò ha contribuito anche l’esempio positivo del Südtirol, che da qualche anno gravita in C2».

Come giudica, quindi, questo campionato?
«L’Eccellenza credo si sia molto livellata negli ultimi tempi. L’obbligo di avere i giovani in squadra e di farli giocare ne ha abbassato la qualità. In un altro senso, però, ha offerto nuovi stimoli a società e ad allenatori».

Il miracolo Mezzocorona può insegnare qualcosa alle altre società regionali?
«I gialloverdi hanno dimostrato che con un buon lavoro e una buona programmazione si può fare un ottimo campionato, senza mai trovarsi a rischio retrocessione. Secondo il mio parere, inoltre, il Mezzocorona scelto gli uomini giusti al momento giusto. Uno di questi è il direttore sportivo Luca Piazzi, che credo sia uno degli artefici di questo cambiamento.
Merito del successo, inoltre, è stati anche quello di una combinazione di fattori, tra i quali la programmazione, gli investimenti oculati, la scelta di giocatori giovani e promettenti, ma allo stesso tempo “economici” sia un esempio da copiare, a qualsiasi livello».

Ci indichi alcuni buoni giocatori di questo campionato…
«Non posso dare un giudizio, perché ho visto fino ad ora solo quattro partite e non li conosco bene. Ecco, quello che posso dire è che mi piacerebbe vedere, in futuro, un campionato d’Eccellenza nel quale le squadre dovrebbero essere composte in modo diverso. Per esempio quattro calciatori sopra i 25 anni, e tutti gli altri al di sotto di questa età. Da una parte, quindi, il campionato si abbasserebbe di livello, dall’altra ciò sarebbe di stimolo alle società regionali per coltivare un proprio vivaio. E così le società dovrebbero investire su allenatori veramente preparati per seguire il settore giovanile, pur di avere una squadra competitiva. Il livello tecnico generale subirebbe un innalzamento. Le faccio un esempio, La nostra è una squadra formata da giovanissimi che hanno in media 22 anni, ed è stata una scelta voluta dalla società, che io condivido pienamente. A mio avviso il lavoro con i ragazzi è molto appagante e può dare parecchie soddisfazioni, perché li puoi vedere crescere poco alla volta ed insegnare molte cose. È difficile cambiare un giocatore “già impostato”, ma puoi ottenere parecchi miglioramenti con coloro che devono ancora formarsi, sportivamente parlando.
Credo che da questo metodo “rivoluzionario” anche le società potrebbero trarre grosso vantaggio. Innanzitutto si risolverebbero le situazioni dal punto di vista economico, e i soldi verrebbero investiti su un’efficiente staff tecnico che alzerebbe, quindi, anche il livello giovanile regionale.
Putroppo credo che i tempi non siano ancora maturi per questa “rivoluzione”. Magari, per cominciare in modo “soft” si potrebbe applicare questo “metodo” alla categoria della Promozione».

Autore
Silvia Gadotti
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