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Hombre del partido

Manuel Dacroce, figlio d’arte e bomber dell’Isera

Se la sua squadra sta viaggiando un po’ sotto le aspettative, lui sta letteralmente volando. Nel mirino il titolo di “picici” (ovvero la scarpa d'oro, il cannoniere stagionale nella Liga spagnola n.d.r.) in un’entusiasmante testa a testa con Betti del Villazzano. Stiamo parlando di bomber Manuel Dacroce, attaccante dell’Isera nel campionato di Promozione. Cresciuto nel settore giovanile del Villalagarina ha svolto tutta la trafila prima di approdare in Promozione centrando l’Eccellenza al primo tentativo. Un altro successo ed ecco aprirsi davanti a lui il palcoscenico della serie D. «In questo campionato ho giocato solamente fino a novembre, poi ho cambiato. Giocavo poco, ero stato messo un po’ in disparte e quindi ho preferito andare all’Aldeno in Promozione prima ed in Prima Categoria poi. Penso di aver stabilito un piccolo record negativo facendo un quadruplo salto all’indietro dalla D alla Prima. Però all’inizio non ho giocato molto perché mi sono infortunato ai legamenti della caviglia. Poi sono passato al Rovereto in Eccellenza e ho fatto una buona stagione. Purtroppo le società non hanno trovato l’accordo per farmi restare e così in questa stagione sono all’Isera».
Siete a metà classifica, come giudichi il vostro campionato?
«A dire la verità un po’ sotto le aspettative. Siamo partiti per fare bene, ovvero per entrare nelle primissime. Purtroppo abbiamo difficoltà nel vincere, magari giochiamo bene ma poi subiamo qualche gol stupido e restiamo con un pugno di mosche. Perché? E’ difficile dirlo, ma penso sia una questione di testa e poi ci gira un po’ male. Peccato perché abbiamo i nomi per fare un altro tipo di campionato, anche se so benissimo che con i nomi non si va da nessuna parte».
In compenso tu stai andando fortissimo.
«Si, personalmente non posso non essere contento. Ho già fatto 14 gol e sto lottando per il titolo con Betti del Villazzano e altri che però sono un po’ dietro. Ovviamente da attaccante ci tengo a vincere e ci proverò fino all’ultima giornata. Certo che Betti sta andando fortissimo e quando ha segnato quel poker di reti qualche settimana fa ha messo la freccia. Io non lo conoscevo, l’ho visto giocare in questa stagione e devo dire che è uno bravo, che corre molto e la mette dentro sempre».
In che zona dell’attacco ti muovi?
«Il mister ci fa giocare con un 4-1-4-1 e io faccio l’esterno. In verità parto abbastanza lontano dalla porta, ma devo anche ammettere che non torno molto. Io mi vedrei più come seconda punta, anche perché il centravanti non riuscirei a farlo per una questione fisica. Soffro parecchio infatti i difensori alti e forti fisicamente che marcano ad uomo, anche perchè di testa la prendo molto poco».
A chi ti ispiri nel tuo ruolo?
«Il più forte di tutti è Ronaldo. Non Cristiano, il Ronaldo "vero" per intenderci. Adesso è un altro giocatore, è cambiato molto, ma qualche anno fa era imprendibile. Se invece devo farti il nome di un giocatore regionale ti dico Remondini. Io ho giocato con lui per tre anni ed ho imparato tantissimo, lui è veramente fortissimo».
Parlando di allenatori, quali sono stati quelli più importanti per te?
«Un nome su tutti è quello di Marco Melone. Lui mi ha lanciato a sedici anni in Promozione e mi ha insegnato tutto. Senza nulla togliere agli altri devo dire che è lui il mio allenatore di riferimento. Poi anche con Memmo l’anno scorso sono stato bene».
Chi vince questa Promozione?
«Il campionato di quest’anno è stranissimo: tra la prima e l’ultima, almeno secondo me, non ci sono grandissime differenze e ogni domenica può accadere di tutto, L’equilibrio regna sovrano, anche se penso che la Rotaliana sia un po’ più attrezzata delle altre e possa vincere».
Pur essendo giovanissimo (classe ’86 n.d.r.) hai giocato dalla D alla Prima categoria. Quali giocatori pensi avrebbero potuto giocare a livelli molto alti, ovvero tra i professionisti?
«Ne cito due. Uno è Salcher del Brixen, che ricordo in Rappresentativa e penso avesse tutte le carte in regola per giocare in categorie superiori. Un altro è Bertoldi che l’anno scorso era a Merano. Poi ce ne sono altri, ma questi due sono quelli che mi hanno più impressionato».
Segui il Mezzocorona ed il Trento?
«Certamente. Il Trento in questi anni mi sta deludendo, è brutto vederlo retrocedere l’anno scorso e rischiare anche quest’anno. Il Mezzocorona ormai non sorprende più, è la squadra più rappresentativa del Trentino e sono la dimostrazione che con la competenza e con i giovani si può fare bene. Credo che a parte i soldi, anche se non so bene i budget delle due società, la differenza sia a livello dirigenziale».
Il livello dei campionati regionali è in crescita?
«Qui da noi il livello non è altissimo. Rispetto alle altre regioni, come il Veneto ad esempio, credo siamo un po’ indietro. Penso sia una questione di mentalità e di testa per quanto riguarda giocatori e società. Poi è un peccato che le varie squadre che salgono in D poi retrocedano. Forse è una questione economica, però è un peccato. Fossi in loro io punterei molto di più sui giovani: ovvio che sia un rischio in alcuni casi, ma bisogna avere fiducia».
Sei figlio d’arte. Come vivi il rapporto con un papà ex calciatore?
«Mio papà è stato un professionista e ha militato nel Padova e nel Venezia, sempre come attaccante. Adesso ha iniziato ad allenare, ed è al Val di Gresta in Seconda Categoria. Ovviamente mi segue e mi consiglia, a volte anche mi sgrida e mi dice di non ascoltare troppo gli allenatori, perchè una punta deve fare un po’ di testa propria. Certamente per me è un vantaggio avere un padre che ha giocato ad altissimi livelli perchè sa capire le situazioni ed aiutarmi. Se sarei felice di averlo come allenatore? Sì, direi di sì. Sarebbe bello provare, anche se abbiamo un carattere diverso penso potremmo andare d’accordo».
Hai conosciuto un po’ tutte le categorie. Qual è la tua?
«Mi piacerebbe provare a rifare la D con la testa che ho adesso. Penso che l’Eccellenza posso giocarmela, mentre per le categorie superiori dovrei lavorare molto soprattutto dal punto di vista fisico».
Il sogno nel cassetto?
«Provare a fare il professionista. So che è molto difficile, quasi impossibile, ma mi piacerebbe provarci. Come si fa? Penso ci vogliano, oltre alla testa ed alla tecnica, anche le conoscenze giuste».

Autore
Matteo Lunelli
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