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Hombre del partido

Mellarini: «Ammiro Samuel e sogno la Promozione»

Con il suo Castelsangiorgio, impegnato nel girone A della Prima Categoria, sta viaggiando nelle primissime posizioni della classifica. Al momento è secondo, a due soli punti dal Tione, grazie ad una seconda parte di stagione da incorniciare. Stiamo parlando di Alessandro Mellarini, roccioso difensore centrale classe ’80 (è nato il 14 aprile, tra qualche settimana bisogna ricordarsi di fargli gli auguri) da una vita impegnato sui campi lagarini tra campionati giovanili e prima categoria. Ha iniziato la carriera ad Ala all’età di cinque anni, percorrendo tutta la trafila delle giovanili. Poi il passaggio al Rovereto, dove ha giocato il secondo anno di Allievi e dove ha vissuto la bella esperienza del campionato Juniores Nazionale. Poi Alense, con l’esordio in prima squadra, Lizzana, Torbole, Avio e Castelsangiorgio, con il quale da qualche anno insegue il sogno della promozione. Sempre al centro della difesa, pronto a lottare su ogni pallone e dare il là alla manovra.
«In realtà – ci ha detto – nei pulcini ho iniziato come attaccante. Però, visto che non la mettevo dentro, sono arretrato in difesa. Dagli esordienti in poi ho giocato come libero, il classico libero leggermente staccato dietro i marcatori. Con il tempo mi hanno insegnato a giocare a zona e non ho più cambiato ruolo».
State disputando una grande stagione. Il sogno di giocare in Promozione c’è?
«Insieme a mister Dalbosco stiamo rivivendo la fantastica cavalcata di tre stagioni fa. Speriamo solamente l’epilogo sia diverso: allora perdemmo in casa contro il Val di Gresta all’ultima giornata e loro, dopo lo spareggio, furono promossi. Facciamo gli scongiuri ma anche quest’anno ci proveremo fino in fondo. Le altre due squadre di vertice, Tione e Pinzolo, non le ho mai affrontate perché all’andata ero squalificato. Comunque il girone è molto equilibrato, ogni fine settimana bisogna lottare per conquistarsi i punti, nessun risultato è mai scontato. Noi poi siamo una squadra molto giovane con i pro ed i contro che questo può avere. Siamo capaci di andare a vincere giocando alla grande con le prime della classe e poi di perderci in un bicchiere d’acqua in partite sulla carta più abbordabili. Personalmente mi piacerebbe tantissimo fare un’avventura in Promozione: fino ad ora non ci sono mai riuscito, anche perché ho giocato un paio di stagioni ad intermittenza per dei guai fisici, ma sarei veramente felice di provarci».
Il Castelsangiorgio è una squadra giovane, come dicevi, ma che prova a proporre un bel calcio.
«Sì, noi ci proviamo sempre. Giochiamo palla a terra e credo che tecnicamente parlando abbiamo giocatori di valore. Magari soffriamo un po’ su certi campi contro avversarie molto fisiche: paradossalmente penso potremmo giocare meglio in categorie più alte dove si gioca di più la palla. La nostra forza, oltre al valore tecnico della squadra e alle doti dei singoli, è comunque il gruppo. Siamo affiatati dentro e fuori dal campo, lavoriamo sodo e siamo sempre uniti. Pensa che io, che ho 28 anni, sono il più vecchio della squadra insieme a capitan Giovanazzi. Quindi il tempo è sicuramente dalla nostra parte».
Come è il livello di questa Prima Categoria, campionato che ormai conosci a memoria?
«Di sicuro non è sceso con gli anni. Credo che la prima sia un torneo molto formativo, che prepara bene squadre e giocatori per il salto di categoria. È difficilissimo vincerla e quando lo si fa vuol dire che lo si è meritato a fondo. Si incontrano squadre molto diverse sotto ogni punto di vista: dell’età, della preparazione e del gioco».
Tra i tanti allenatori che hai avuto quali ricordi con più piacere?
«Senza dubbio devo citare Carmelo Piccoli. È lui che mi ha insegnato a giocare a calcio e non lo ringrazierò mai abbastanza per questo. Poi c’è Sergio Debiasi, ora all’Aldeno, che quando non ero ancora maggiorenne mi ha fatto esordire in prima squadra e con il quale ho vissuto una splendida avventura nei campionati nazionali. Quell’anno a Rovereto eravamo praticamente dei professionisti, respiravamo il vero calcio, con le lunghe trasferte, i pranzi tutti insieme, le avversarie blasonate. Quell’anno ho anche segnato un gol in Rovereto-Alto Adige. Perdevamo 0-2 poi abbiamo rimontato e pareggiato grazie anche alla mia marcatura. Che bei ricordi. Infine, tornando agli allenatori significativi, devo citare anche il mio attuale mister Stefano Dalbosco, una persona che giustamente dà anche molto peso ai rapporti umani. Ricordo un episodio di tre anni fa: prima di un derby con l’Avio io non ero al meglio, né fisicamente né mentalmente. Lui è venuto a parlarmi, mi ha spronato facendomi sentire importante. Ecco io queste cose le apprezzo tantissimo e sono molto importanti in un allenatore».
Da difensore, chi sono gli attaccanti che ti hanno messo più in difficoltà?
«Ricordo Degasperi dell’Alto Adige, che ho affrontato nelle giovanili: lui proprio non lo vedevi, ti giravi ed era già in porta. Non per nulla è andato a giocare tra i professionisti raggiungendo anche la serie B. Uno che invidio molto è Bert, che adesso gioca nella Rotaliana in promozione. È il classico centravanti che tutti vorrebbero avere nella propria squadra, uno che lotta, corre, lavora per il gruppo. Poi c’è Leonardi della Stivo, anche se è più un trequartista. Lui è un misto di tranquillità e tecnica, non butta mai via un pallone, l’ho sempre sofferto. Comunque ogni volta che entro in campo, contro qualsiasi avversaria, considero tutti pericolosi».
Invece, per arginare le punte più pericolose, chi vorresti sempre al tuo fianco in difesa?
«Sicuramente Pippo Marchiori. Gioco con lui da cinque anni e ci troviamo benissimo sia dentro sia fuori dal terreno di gioco. In partita ci capiamo a memoria. Basta uno sguardo, a volte nemmeno quello, per intenderci nei movimenti da fare. Poi vorrei citare Walter Samuel, il mio idolo. È soprannominato The Wall, il muro, e penso che non possa esserci nome migliore per un difensore: superarlo è praticamente impossibile e, se casomai uno ci riuscisse, dovrebbe faticare tantissimo».
Visto che abbiamo allargato la discussione, per che squadra tifi?
«Tifo per l’Atalanta, anche se simpatizzo per l’Inter. Mi piace tifare per una squadra di medio bassa classifica, ma soprattutto per una società che ha un gran bel settore giovanile. Ho visto che hanno vinto il Beppe Viola, che è un torneo prestigioso, e sono molto contento. Poi mi piace molto seguire il calcio inglese, che è bellissimo. Il livello tecnico e tattico è molto alto, e poi è lo spirito che mi affascina. Magari si picchiano per 90’ ma poi non ci sono strascichi, polemiche, moviole ecc. Il fair play regna sovrano ed è quella la strada giusta».
Dall’Inghilterra al Trentino. Segui le squadre regionali di alto livello? Ti piacerebbe vedere una squadra lagarina, come il Rovereto, nei campionati nazionali?
«Nel Rovereto attuale conosco solo due giocatori, ovvero Cristoforetti e Garniga. Certo sarebbe bello riuscissero a tornare in serie D: io ero lì nelle giovanili quando hanno vinto l’Eccellenza, ed è stato un bel momento per tutto il territorio. Essendo di Ala preferirei arrivasse l’Alense nei campionati dilettanti, ma in ogni caso sarebbe bello e importante avere una rappresentante lagarina a quei livelli. Per quanto riguarda Mezzocorona e Südtirol le seguo sempre sui giornali, leggo i tabellini e le interviste. Spero riescano entrambe a salvarsi, se lo meriterebbero e sarebbe importante per tutto il movimento. Poi seguo anche il Trento, soprattutto perché c’è Merlino, che è stato quasi un mio allenatore quando ero a Rovereto. Lui seguiva i Giovanissimi ma so che aveva chiesto di me e quindi per una sorta di riconoscenza continuo a seguirlo».

Autore
Matteo Lunelli
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