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Hombre del partido

Bortoli, bomber e Dottore con i 100 gol nel mirino

La cosa certa è che lunedì 30 marzo, in giacca e cravatta, andrà a parlare di “Liquidazione delle società” presso l’Università di Economia di Trento. La sua speranza, e quella di tutti i tifosi del Rovereto, è che possa festeggiare l’evento già domenica pomeriggio, quando con la sua squadra andrà ad affrontare nel big match di giornata il Maia Alta. Stiamo parlando di bomber Marco Bortoli, attaccante classe ’84 del Rovereto. Quest’anno festeggia la decima stagione in maglia bianconera: per lui un inizio di carriera nel Calisio e poi il passaggio nella formazione della città della Quercia. «Ho fatto il primo anno degli Allievi, anche se ero un Giovanissimo, nel Calisio e poi mister Dalbosco mi ha portato a Rovereto. Lì ho fatto due stagioni negli Allievi e poi a 17 anni sono andato in prima squadra, in serie D. Sarei dovuto andare nella Berretti del Sudtirol, ma le società non hanno trovato l’accordo e così sono rimasto. Adesso la maglia bianconera è per me una sorta di seconda pelle, visto che sono dieci anni, dei quali otto in prima squadra, che la indosso».
Inutile chiederti se ti trovi bene a Rovereto, visto che sei lì da tanti anni?
«Ovviamente sì. Sono passato attraverso due diverse gestioni, ma mi sono sempre trovato bene. Peccato per questa stagione, dove stiamo andando così così. In estate la società ci ha messo la faccia dichiarando obiettivi prestigiosi. Purtroppo non sempre la programmazione corrisponde ai risultati e così siamo al di sotto delle aspettative. Il perché? Ci sono tanti motivi, è difficile se non impossibile trovarne uno solo. Prima di tutto il campionato straordinario che sta facendo l’Albiano. Poi a noi è mancato senza dubbio qualcosa, da ogni punto di vista. Io in primis non ho avuto il rendimento che ci si aspettava e così siamo molto staccati dalla quota promozione».
L’Albiano ti ha sorpreso?
«Devo dire di sì. Ad inizio estate parevano essere in difficoltà, con alcuni giocatori che avevano cambiato maglia e si sono trovati a dover fare il mercato un po’ di corsa. Poi sono stati bravissimi, stanno stravincendo il campionato con pieno merito. Credo che un applauso particolare vada rivolto a mister Orsini che senza dubbio ci ha messo del suo. L’anno prossimo faranno la D e non sarà certamente facile. Credo, e i risultati degli ultimi anni lo dimostrano con la sola eccezione del Mezzocorona, che vincere l’Eccellenza non voglia dire necessariamente essere pronti per i campionati nazionali. Penso che l’Albiano possa puntare su un gruppo di 7/8 giocatori di categoria, però sarà necessario affiancare loro una serie di nuovi acquisti di valore».
Visto che più o meno siamo in argomento, segui le due maggiori realtà locali, ovvero Mezzocorona e Trento?
«Certamente: faccio parte del movimento calcistico e quindi mi interesso ai loro risultati. Il Mezzocorona sta facendo un vero e proprio miracolo in questi anni: si può solamente applaudirli e sperare che vadano avanti così il più a lungo possibile. Per quanto riguarda il Trento mi è molto dispiaciuto che siano retrocessi l’anno scorso, anche perché sono molto amico, anche fuori dal campo, di Bazzanella. Mi sembra di capire che siano in difficoltà soprattutto dal punto di vista societario e sono dovuti andare a prendere un presidente da fuori regione. Speriamo negli anni possano crescere e tornare a livelli più alti».
Torniamo al Rovereto. L’obiettivo in questa stagione è sfumato, ma al futuro ci hai già pensato?
«Quest’anno mi è dispiaciuto molto per come è andata. Era il mio decimo anno qui, il novantesimo anniversario della società, la mia avventura era partita dalla D: insomma c’erano un sacco di motivazioni in più per tornare nei campionati nazionali. Comunque guardiamo avanti: prima di tutto spero che la società punti ancora su di me, visto che a maggio mi svincolo. Io vorrei restare per provare a vincere e a raggiungere i 100 gol con questa maglia. Non ho fatto tutti i calcoli ma credo che oltre 70 dovrei averli fatti, e quindi mi piacerebbe fare cifra tonda, anche perché credo potrei entrare tra i migliori di tutta la storia della società. Sarebbe fantastico».
Università e calcio: hai avuto problemi a conciliare le due cose?
«No. Basta un minimo di organizzazione e ci si riesce. In gennaio si è laureato anche il mio compagno Gubert, 110 e Lode a giurisprudenza. Speriamo lunedì vada tutto bene…Poi mi piacerebbe fare il commercialista, quindi mi aspetta la pratica. Ho letto che anche Macchi del Mezzocorona ha fatto Economia ed ora fa il commercialista. Lui ha ovviamente un impegno con il calcio molto più grande del mio, perché noi facciamo tre allenamenti alla settimana, mentre loro sono al campo tutti i giorni, però potrei ricalcarne le orme».
Che tipo di attaccante sei e con chi ti troveresti bene in coppia?
«Non sono una classica prima punta forte fisicamente, le mie armi sono la velocità e lo spunto negli ultimi trenta metri. Quindi vado bene con i centravanti fisici, bravi di testa e nel difendere la palla. Con Garniga e Giovanazzi mi sono sempre trovato a mio agio. Mi piacerebbe giocare con Bonazza: non lo conosco personalmente, ma credo potremmo avere caratteristiche compatibili. Guardando più in alto e sognando un po’ potrei fare coppia con gente come Trezeguet, Amauri, Ibrahimovic. Però il mio idolo assoluto resta Del Piero, il grande numero 10».
Visto che parliamo di grandi attaccanti: Cassano l’avresti convocato?
«E me lo chiedi? Certo che sì, tutta la vita. È uno che ti fa vincere le partite da solo, bisogna convocarlo sempre».
I difensori che invece ti hanno creato più problemi?
«Direi che tutte le marcature a uomo sono fastidiose. Le botte più forti le ho sempre prese in allenamento, dove lottiamo su ogni pallone. Un difensore che ricordo e che mi ha impressionato per intelligenza tattica e bravura è Sega, ex Bolzano che adesso credo giochi nel veronese».
Parentesi allenatori. I più significativi?
«Tutti mi hanno insegnato qualcosa e devo ringraziarli tutti: Dalbosco, che mi ha portato a Rovereto, poi Gabrielli che mi ha fatto esordire in serie D quando non ero ancora maggiorenne, Cuel, che mi ha fatto giocare molto, e infine Memmo, che mi ha insegnato tantissimo».
Chi ti segue sempre è tuo papà giusto?
«Lui è il nostro dirigente accompagnatore e quindi mi segue sempre. Quando le cose vanno bene è bello portare anche a casa le questioni del campo, mentre dopo le partite negative sarebbe bello staccare dal calcio una volta tornati a casa».
In conclusione chi ti senti di ringraziare per questa esperienza nel Rovereto?
«Devo ringraziare tutti coloro che mi hanno permesso di giocare a calcio a buoni livelli. Prima di tutto gli allenatori che ho citato prima e poi tutta la dirigenza, sia quella vecchia sia quella nuova».

Autore
Matteo Lunelli
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