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Hombre del partido

Stefano Dal Bosco, allenatore del Castelsangiorgio

Nel combattutissimo girone A della Prima Categoria, il Castelsangiorgio è senza dubbio una delle sorprese più interessanti di questa prima parte del Campionato. Alla guida della squadra lagarina c’è Stefano Dal Bosco, tornato a Chizzola dopo tre anni, con il quale abbiamo fatto due chiacchiere.

Come è nata questa tua nuova avventura al Castelsangiorgio?
«È figlia della volontà di tornare alla guida di una prima squadra. Avevo già lavorato in questa società tre stagioni fa, poi decisi di mettermi in gioco con l’Aldeno per provare una nuova avventura. L’anno scorso ho dato una mano alla squadra Juniores de La Rovere e ho vestito anche i panni di responsabile tecnico degli allievi nazionali del Vicenza, ma poi ho sentito il desiderio di rituffarmi nell’agone della Prima Categoria. Ho incontrato il presidente del Castelsangiorgio per discutere di una fornitura di materiale sportivo (Stefano gestisce con altri soci il Soccer Point al Top Center) e in quell’occasione si è aperta per me anche la possibilità di rientrare in società come allenatore».
Quali sono le aspettative che ruotano intorno alla vostra squadra?
«Il nostro obiettivo è quello di far crescere un gruppo decisamente giovane, che ha grande qualità provenendo molti ragazzi dall’Eccellenza assemblandoli con il gruppo storico che tanto ha dato a questa società anche gli anni scorsi. In più mi avvalgo di uno dei migliori preparatori atletici a livello regionale, Matteo Luscia, con il quale ho collaborato sempre, anche quando ero a Bolzano. Secondo me il nostro girone è di livello alto, è una sorta di Promozione B, e chi salirà non avrà grossi problemi ad affrontare il nuovo torneo senza stravolgere l’organico ».
Disponi di una rosa ampia?
«Sì, molto ampia. Forse troppo in virtù delle nuove regole che limitano a tre il numero di sostituzioni, anche se fino ad ora i ragazzi, che danno vita ad un gruppo molto unito, hanno sempre accettato di buon grado il turn-over. Non c’è un leader e nessuno è insostituibile ed esiste un team che lavora insieme da anni al quale, quest’anno, si sono aggiunti Scerbo (dall’Isera) e quattro ragazzi del 1988 come Robol e Cont (dal Torbole), Manica e Zaffoni (dal Vallagarina). Inoltre è rientrato dal progetto Erasmus Trainotti, classe ’83. Innesti giovani e di qualità».
Come giudichi il vostro avvio di campionato?
«Siamo partiti alla grande trovandoci inaspettatamente primi, anche se ero certo che la squadra a mia disposizione fosse pronta per giocare alla pari con le migliori formazioni del girone. Poi sono arrivate tre sconfitte consecutive, negative più per il risultato in sé che per il gioco espresso. Successivamente, grazie alla forza del gruppo che ritengo fondamentale in una squadra, abbiamo rialzato la testa con 3 vittorie importantissime contro 3 squadre in ottima salute come Valrendena, Alta Giudicarie e Pinzolo, la favorita assoluta del girone. Ma il campionato è ancora lungo, troppo lungo per poter fare previsioni. In questo girone, tutte possono perdere con tutte».
Delle favorite abbiamo già detto. Le sorprese quali sono?
«Secondo me la Stivo, il Tione attualmente in testa e l’Avio che mi sta impressionando per grinta e capacità di corsa».
Cosa significa lavorare con i giovani oggi, che difficoltà comporta?
«Purtroppo i ragazzi di oggi hanno tutto e non hanno la voglia di arrivare che avevamo noi. Quando io ho cominciato a giocare a calcio, a 16 anni, andavo a piedi da Cognola Gabbiolo di Povo, perché non esistevano autobus che compivano quel tragitto e avrei dovuto cambiare più volte: chi lo farebbe oggi? Alla prima difficoltà si arrendono, perché trovano mille altre opportunità. Per fare strada nello sport bisogna sacrificarsi moltissimo e, da noi, esiste anche il grosso limite della lunga pausa invernale. Non si riesce a lavorare come si dovrebbe, quando fa freddo, e questo influisce sulla crescita dei giovani. Non è un caso che nel girone di ritorno spesso le gerarchie cambino».
Qual è la società che lavora meglio sui vivai, in provincia, secondo te?
«Senza dubbio il Mezzocorona. Tutti i ragazzi che escono da lì e non intraprendono la carriera ad alti livelli portano comunque una mentalità professionale nelle squadre dove finiscono e questo “contagia” anche i nuovi compagni di squadra».
Nella vita ti dividi fra il lavoro e la gestione di due realtà imprenditoriali impegnative come il Csps e Soccer Point (ex Calciomania). Come fai a trovare anche il tempo per allenare?
«Dietro c’è una grandissima passione per il calcio, ovviamente. In ogni caso le mie attività si svolgono quasi per intero al telefono e questo mi permette di razionalizzare i tempi».

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